Nel corso di un'audizione tenutasi il 22 settembre 2020 presso la Seconda Commissione del Senato in merito al Disegno di legge delega n. 1662 presentato dal Governo (Delega per l’efficienza del processo civile), il prof. Ulisse Correa, associato di diritto processuale civile presso l’Università Magna Graecia di Catanzaro, ha avanzato critiche al testo in linea con altro post dello scrivente del 16 agosto scorso (https://www.avvocatopaolovitiello.com/post/l-attività-istruttoria-degli-avvocati-nello-schema-di-delega-per-l-efficienza-del-processo-civile).
Il docente ha infatti osservato che la possibilità di una “istruttoria stragiudiziale” non ha nulla a che vedere con la sede conciliativa della negoziazione assistita, anzi per più di un verso si presenta in termini antitetici. Non a caso, tanto nella disciplina della mediazione che in quella della negoziazione si prevede – all’opposto - l’inutilizzabilità nel futuro giudizio di cognizione delle dichiarazioni rese o delle informazioni acquisite nel corso del procedimento conciliativo, salvo il consenso della parte da cui provengono, e del pari non sono ammessi la prova testimoniale o il giuramento decisorio. Il mediatore, così come il difensore delle parti e coloro che partecipano al procedimento, non può essere costretto a deporre, applicandosi lo statuto del difensore e le disposizioni dell’art. 200 c.p.p. e dell’art. 103 c.p.p. La riservatezza è infatti considerata un elemento essenziale per la riuscita della mediazione. E’ dunque altamente prevedibile che le parti, o quantomeno quella che avrebbe da perdere (scoprendo in anticipo le sue “carte”), non acconsentiranno a sottoscrivere una convenzione di negoziazione che preveda la facoltà dei difensori di dar luogo a una istruttoria stragiudiziale. Vi è pertanto il serio rischio che la previsione resti lettera morta e non comporti alcun effetto positivo sulla durata del processo. Altro sarebbe immaginare un innesto nel nostro ordinamento processuale di una fase pre-trial dedicata all’acquisizione di prove, soprattutto documentali, anticipando in tal modo una fase dell’istruttoria vera e propria da svolgersi nel processo. Ove si volesse seguire questa strada, occorrerà farlo, a mio avviso, al di fuori di un procedimento conciliativo e quale fase prestabilita del processo, come tale obbligatoria se richiesta da una delle parti, sul modello della discovery 4 americana o della disclosure inglese. Un simile sistema, del tutto innovativo rispetto alla nostra tradizione, non si presta però a un trapianto estemporaneo e andrebbe pertanto accuratamente studiato per renderlo compatibile con il nostro ordinamento, aprendo preventivamente il dibattito nell’accademia come tra gli operatori della giustizia. Quanto poi all’opportunità di una istruttoria delegata ai difensori, basti pensare al totale fallimento della testimonianza scritta prevista dall’art. 257-bis c.p.c. per rendersi conto della ritrosia delle parti ad affidarsi a strumenti di istruttoria stragiudiziale, gestiti dagli avvocati, i quali per primi hanno privilegiato le maggiori garanzie di un’istruttoria espletata davanti al giudice e sotto la sua direzione. Nel merito della disciplina, comunque, osservo che sarebbe indispensabile assicurare una chiara informazione alle circa il contenuto della convenzione di negoziazione là dove gli avvocati scelgano (anche, sembrerebbe, a ciò incentivati da una più favorevole disciplina sui compensi) di prevedere la possibilità di istruttoria stragiudiziale, attese le gravi conseguenze che ne derivano (specie in relazione a dichiarazioni confessorie della parte). Se ciò avverrà, sarà ancora più illusorio pensare che le stesse vi si vorranno sottoporre, essendovi almeno una parte che non avrà nulla da guadagnarci.
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