Un recente provvedimento del Tribunale di Ravenna (sentenza n. 251 del 16 marzo 2020) propone un'interessante chiave di lettura di un precedente della Suprema Corte.
La massima delle Sezioni Unite recita quanto segue:
"L'onere di allegazione gravante sull'istituto di credito che, convenuto in giudizio, voglia opporre l'eccezione di prescrizione al correntista che abbia esperito l'azione di ripetizione di somme indebitamente pagate nel corso del rapporto di conto corrente assistito da una apertura di credito, è soddisfatto con l'affermazione dell'inerzia del titolare del diritto e la dichiarazione di volerne profittare senza che sia anche necessaria l'indicazione di specifiche rimesse solutorie" (Cass. S.U., 13 giugno 2019, n.15895).
Il precedente sopraindicato ha dato modo all'estensore del provvedimento di merito di proporre una interpretazione costituzionalmente orientata del citato precedente giurisprudenziale.
Richiamando i principi costituzionali degli artt. 3 e 24 Cost. il giudice di merito ha infatti sostenuto che "per una elementare regola di parità delle armi" la medesima interpretazione "debba essere estesa al correntista che riceva una pretesa di pagamento da parte dell'istituto di credito (o cessionario del medesimo, come nel caso di specie)".
Nella fattispecie in esame la norma prescrizionale è stata applicata adeguando alle disposizioni costituzionali l'interpretazione proposta dalla Suprema Corte in un caso opposto a quello oggetto di esame del giudice di merito.
Non constano a chi scrive precedenti in termini.
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