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La retroversione degli utili realizzati attraverso la violazione di diritto di privativa industriale

Con sentenza n. 21832, depositata il 29 luglio 2021 La Corte di Cassazione ha fissato un principio di di diritto che agevola la quantificazione del danno subìto dal titolare di un diritto di privativa collegato ad un marchio o ad un brevetto.

Il principio è il seguente:


"In tema di proprietà industriale, il titolare del diritto di privativa che lamenti la sua violazione ha facoltà di chiedere, in luogo del risarcimento del danno da lucro cessante, la restituzione (c.d. "retroversione") degli utili realizzati dall'autore dell'illecito, con domanda proposta ai sensi dell'art. 125 c.p.i., senza che sia necessario allegare specificamente e dimostrare che, agli utili realizzati dal contraffattore, sia corrisposto un mandato guadagno da parte sua".


Nel provvedimento di cui si è appena descritto il principio si affrontano due tematiche rilevanti:

a) i rapporti dell'istituto della retroversione degli utili con il risarcimento del danno da lucro cessante;

b) il presupposto psicologico (id est: elemento soggettivo) in capo al contraffattore necessario per l'applicabilità dell'istituto.

Occupandosi della prima tematica la Corte osserva che la versione dell'art. 125 c.p.i. vigente sino al 2006 prevedeva che il risarcimento dovuto al danneggiato fosse liquidato secondo le disposizioni degli artt. 1223, 1226 e 1227 c.c. con la precisazione che il lucro cessante dovesse essere valutato dal giudice anche tenendo conto degli utili realizzati in violazione del diritto e dei compensi che l'autore della violazione avrebbe dovuto pagare qualora avesse ottenuto licenza dal titolare del diritto.

Il testo attuale prevede invece che "1. Il risarcimento dovuto al danneggiato è liquidato secondo le disposizioni degli artt. 1223, 1226 e 1227 c.c., tenuto conto di tutti gli aspetti pertinenti, quali le conseguenze economiche negative, compreso il mancato guadagno, del titolare del diritto leso, i benefici realizzati dall'autore della violazione e, nei casi appropriati, elementi diversi da quelli economici, come il danno morale arrecato al titolare del diritto dalla violazione. 2. La sentenza che provvede sul risarcimento dei danni può farne la liquidazione in una somma globale stabilita in base agli atti della causa e alle presunzioni che ne derivano. In questo caso il lucro cessante è comunque determinato in un importo non inferiore a quello dei canoni che l'autore della violazione avrebbe dovuto pagare, qualora avesse ottenuto una licenza dal titolare del diritto leso. 3. In ogni caso il titolare del diritto leso può chiedere la restituzione degli utili realizzati dall'autore della violazione, in alternativa al risarcimento del lucro cessante o nella misura in cui essi eccedono tale risarcimento".

L'introduzione del terzo comma ha quindi aperto alla possibilità della retroversione (riconsegna) degli utili percepiti dall'autore della violazione al titolare del diritto.

Tale possibilità è ritenuta alternativa rispetto alla richiesta di liquidazione del danno che prevede la prova dello stesso, della sua entità e del nesso causale tra la violazione ed il suddetto danno.

Secondo la Corte la lettera della norma è inequivocabile nel circoscrivere la forma di ristoro al pregiudizio da lucro cessante, ossia ai mancati guadagni, perciò può sicuramente cumularsi al risarcimento del danno emergente.

La norma è altrettanto chiara nell'ammettere la richiesta della retroversione degli utili realizzati dal contraffattore nella misura in cui essi superino il risarcimento del lucro cessante.

In tal modo il titolare del diritto può chiedere la restituzione di benefici che egli non avrebbe ritratto anche se la violazione non vi fosse stata, per esempio perché, essendo meno attrezzato, meno efficiente o meno dimensionato rispetto allo sleale e illegittimo competitore, non avrebbe avuto la capacità di operare nello stesso modo sul mercato; il caso inoltre si può verificare nella materia brevettuale, in cui la titolarità del diritto di proprietà industriale può essere svincolata dallo svolgimento di una attività di impresa, quando l'inventore titolare lamenti la violazione da parte di un imprenditore di una privativa che egli non ha ancora provveduto a realizzare o a far realizzare industrialmente.

E' comunque opportuno precisare che l'istituto della retroversione degli utili non configura un'ipotesi di "danni punitivi" (punitive o exemplary damages), ma piuttosto una misura rimediale speciale, sui generis, di natura mista, compensatoria e dissuasiva, fondata su di un particolare arricchimento ingiustificato che prescinde dalla prova di un pregiudizio sotto forma di lucro cessante in capo al titolare della privativa violata.

Secondo questo orientamento, se un soggetto commette una contraffazione consapevolmente o con ragionevoli motivi per esserne consapevole, il titolare del diritto violato può ottenere il risarcimento del danno, domandando il danno emergente ed il lucro cessante (ovvero, in alternativa a questo, la restituzione degli utili prodotti dal contraffattore); se, invece, fa difetto l'elemento soggettivo (peraltro ut supra presunto) in capo al contraffattore, il titolare della privativa può domandare comunque la retroversione degli utili.

Venendo ora alla seconda tematica affrontata dalla Corte, nel provvedimento in esame è evidente da quanto sinora esposto che se un soggetto commette una contraffazione, consapevolmente o con ragionevoli motivi per esserne consapevole, il titolare del diritto violato può ottenere il risarcimento del danno, domandando il danno emergente ed il lucro cessante (ovvero, in alternativa a questo, la restituzione degli utili prodotti dal contraffattore); se, invece, fa difetto l'elemento soggettivo (peraltro ut supra presunto) in capo al contraffattore, il titolare della privativa può domandare comunque la retroversione degli utili.

La violazione di un diritto di proprietà industriale, prescinde infatti dall'elemento soggettivo, come emerge da diversi articoli del codice (artt. 124, 126, 131) nei quali vengono irrogate sanzioni senza tener conto dalla colpa dell'autore della contraffazione.

E' quindi coerente con il principio che la norma di cui all'art. 125, 3° comma, c.p.i. intende applicare che il soggetto contraffattore, pur avendo agito in mancanza dell'elemento soggettivo (doloso o colposo), debba comunque restituire al titolare gli utili che ha realizzato nella propria attività di violazione, per effetto del rimedio restitutorio, volto a salvaguardare il titolare di un diritto di privativa che rimarrebbe altrimenti privo di tutela laddove la contraffazione fosse causata in assenza dell'elemento soggettivo del dolo e della colpa.

Di seguito il link al testo del provvedimento in commento.


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